Il 12 gennaio alle 14.30, a Soprazocco Benecco saranno poste due pietre d’inciampo dell’artista Gunter Demning in memoria dei coniugi Arditi, deportati nei campi di concentramento. Una iniziativa che apprezziamo e che ci auguriamo serva non solo a mantenere viva nel tempo la memoria di uno dei peggiori crimini della storia, ma anche a sviluppare un’attenzione a come vivere il presente.
Nel secolo secolo scorso sono stati perpretrati diversi genocidi, alcuni di essi nel l’indifferenza della comunità internazionale:
Armenia (1915), 1.400.000 Armeni ottomani
Holodomor (1932-33). 7.000.000 di contadini ucraini
Shoah ( 1941-45), 5.200.000 Ebrei europei
Cambogia ( 1975-79), 1.800.000
Ruanda( 1979), 800.000-1.000.000 Tutsi
Bosnia ( 1992-1995), 100.000-120.000 mussulmani bosniaci
Numeri impressionanti, ma soprattutto tanta sofferenza inflitta deliberatamente, programmata, a gruppi sociali, etnie, solo per il fatto di esistere e rappresentare, sulla base di qualche ideologia, un diverso da eliminare.
Oggi, più che mai “inciampare” in una di queste storie può aiutare a cogliere e coltivare quei sentimenti, come la pietà, la solidarietà, il rispetto per la diversità che ci fanno restare umani.
Per saperne di più
Le pietre d’inciampo (estratto da Wikipedia)
Le Pietre d’inciampo (ted. Stolpersteine) sono una iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig per depositare, nel tessuto urbanistico e sociale delle città europee una memoria diffusa dei cittadinideportati nei campi di sterminio nazisti. L’iniziativa, attuata in diversi paesi europei, consiste nell’incorporare, nel selciato stradale delle città, davanti alle abitazioni che sono state teatro di deportazioni, dei blocchi in pietra muniti di una piastra in ottone.
Storia dell’iniziativa (estratto da Wikipedia)
L’iniziativa è partita a Colonia nel 1995 e ha portato, a inizio 2010, all’installazione di oltre 22.000 “pietre” in vari paesi: Germania, Austria, Ungheria, Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi, Italia.
La memoria consiste in una piccola targa d’ottone della dimensione di un sampietrino (10 x 10 cm.), posta davanti alla porta della casa in cui abitò il deportato, sulla quale sono incisi il nome della persona deportata, l’anno di nascita, la data e il luogo di deportazione e la data di morte, se conosciuta. Questo tipo di informazioni intendono ridare individualità a chi si voleva ridurre soltanto a numero. L’espressione “inciampo” deve dunque intendersi non in senso fisico, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell’opera.