A maggio 2015, una lista lunga 100 metri, con sopra scritti i nomi di 17.306 persone annegate tentando di migrare, è stata srotolata a mo’ di tappeto rosso all’ingresso del Parlamento Europeo. I morti non sono numeri, ma persone, con sogni, sofferenze e gioi; sono una mamma, un figlio, una bambina, un nonno, un padre, un giovane. Perché allora non riusciamo a empatizzare con questa folla di disperati? Perché non capiamo il carico emotivo e sociale che questa tragedia ci sta mettendo sotto gli occhi da anni e che noi non solo ci ostiniamo a negare, ma che odiamo con tutte le nostre forze? La banalità del male a volte è spiazzante. Come lo è la banalità dell’ignoranza. Perché i numeri parlano da soli.
Dal 1861, più di 24 milioni di italiani sono espatriati in cerca di una nuova vita. Secondo il «Rapporto italiani nel mondo» della Fondazione Migrantes, nel 2014 sono stati 101.297 gli italiani che hanno cercato fortuna all’estero; dal 2006 a oggi, il numero complessivo di italiani emigrati è aumentato del 49,3%; gli stranieri in ingresso in Italia nel 2014 sono stai 152.000, le domande d’asilo presentate 64.886.
In Italia non c’è la guerra e sono garantiti i diritti fondamentali, eppure il numero di italiani trasferitisi all’estero l’anno scorso è simile a quello degli ingressi in Italia ed è maggiore del numero di profughi che hanno richiesto asilo nel nostro paese. Ma si sa: un italiano che emigra lotta per il proprio futuro, uno straniero che entra ci ruba il lavoro.
Secondo l’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), 875.000 migranti e profughi sono arrivati via mare in Europa dal 2008 al settembre 2015. Anche se tutti fossero rimasti in Europa, la popolazione continentale (507 milioni di abitanti) sarebbe aumentata dello 0,17%. Se anche per assurdo tutti gli abitanti della Siria e dell’Eritrea si trasferissero in Europa, queste persone rappresenterebbero circa il 5% della popolazione.
All’origine delle condizioni che costringono migliaia di persone a fuggire dai loro paesi – e nessuno scappa mai volentieri – c’è un’insostenibilità di vita dovuta a cambiamenti climatici, saccheggio delle risorse locali, penuria d’acqua, inquinamento dei suoli: tutti fenomeni in larga parte prodotti dall’economia del cosiddetto “Global North”.
Uno studio del 2013 dell‘Oecd («International Migration Outlook») evidenzia inoltre come, in quasi tutti gli stati europei, le famiglie immigrate abbiano versato più tasse e contributi di quanto non abbiano beneficiato in termini di sussidi e servizi. Anche in Italia.
Forse è giunto il momento che ciascuno di noi la smetta di insultare la propria intelligenza, credendo a semplicistiche soluzioni guerrafondaie. La sola risposta è la conoscenza, l’unica soluzione è il cambiamento, la presa di coscienza, l’azione in prima persona per non avere più profughi, perché ognuno stia bene a casa propria.
In quest’ottica, Gavardo in movimento segue da sempre i temi dell’immigrazione, con particolare attenzione alla presenza di profughi a Gavardo.
Abbiamo fatto interpellanze su questo tema, ci siamo informati e abbiamo fatto incontri di approfondimento con esperti del settore. Continueremo con nuove iniziative, al fine di promuovere una proficua convivenza nella realtà gavardese.