Il referendum del 18 novembre è stato indetto per rivendicare la gestione pubblica dell’acqua. Ma siamo sicuri che la gestione pubblica del SII (Sistema Idrico Integrato) sia la soluzione giusta? Non rischiamo di avere un servizio magari datato (un po’ superato) meno efficiente e più costoso di quello che potremmo avere con una gestione mista pubblico-privata?
Cosa succede negli altri paesi europei? Nel mondo?
Sfatiamo una volta per tutte l’equazione pubblico uguale inefficienza, spreco, clientelismo e privato uguale a efficienza, qualità, eccellenza.
In Italia abbiamo esperienze più che ventennali di gestione pubblico-privato del servizio idrico ed i risultati sotto i nostri occhi sono alquanto preoccupanti. Emblematico è il caso della Toscana, la prima a percorrere quella strada della gestione pubblico-privata dell’acqua. Quasi tutte le città di quella regione sono ai primi posti della graduatoria (anno 2015) per due importanti parametri di qualità (negativi): per il costo del servizio idrico e la percentuale di perdite dell’acquedotto (4 di queste città hanno una perdita superiore al 45%) .
Al contrario in regione Lombardia e precisamente a Milano abbiamo un esempio virtuoso di gestione dell’acqua: il gestore è un ente pubblico (anche se di diritto privato), la società Metropolitane Milanesi. Il costo al mc dell’acqua e la percentuale di perdite dell’acquedotto (10%) sono i più bassi in assoluto su tutto il territorio italiano, mentre gli investimenti per le infrastrutture sono tra i più alti.
Mantenere pubblico il servizio forse conviene!
Allarghiamo lo sguardo sul mondo.
Il processo di ri-publicizzazione dei servizi pubblici locali (non solo quello dell’acqua) è particolarmente in crescita in Europa, ma sta guadagnando forza ovunque nel mondo. “… oltre 1600 città di 45 Paesi diversi hanno (ri)municipalizzato i servizi pubblici locali, riuscendo quasi sempre ad abbattere costi e tariffe, a migliorare la qualità del servizio e nel contempo a garantire maggiore trasparenza e responsabilità.” (da ”Il ritorno alle gestione pubblica dei servizi di base”, a cura di Satoko Kishimoto e Olivier Petitjean)
Per quanto riguarda l’acqua, a partire dal 2000 ci sono già stati almeno 267 i casi di rimunicipalizzazione dell’acqua in almeno 40 Paesi, per servire più di 100 milioni di persone.
Due casi emblematici in Europa.
In Francia, la patria delle prime multinazionali dell’acqua (Veolia e Suez), decine di città hanno deciso di riprendere in mano pubblica i loro sistemi idrici e fognari (Parigi, Montpellier, Nizza, Rennes e Grenoble …).
Il caso di Parigi. Nel 2010 Parigi, dopo venti e più anni di gestione privata, ha rilevato dalle due multinazionali Veolia e Suez la gestione idrica di Parigi riportandola in mano pubblica con la società Eau de Paris . Risultato: due anni dopo la bolletta era diminuita dell’8% e il comune aveva risparmiato 35 milioni di euro all’anno!
In Germania negli ultimi anni diverse realtà territoriali, dopo aver privatizzato i loro servizi idrici (fine anni 90), su pressione dei cittadini, hanno deciso di riprendere in mano pubblica i servizi idrici (Berlino, Stoccarda, Rostok con altre 29 Municipalità).
Il caso di Berlino.
I politici di Berlino nel 1999 decidono di privatizzare la propria Azienda dell’Acqua di Berlino (BWB), vendendo il 49,9 % delle azioni , a due multinazionali private RWE – tedesca – e Veolia –francese – per €1,679 miliardi.
Le due multinazionali dal 1999 al 2011 accumulano €1,560 miliardi di profitti (pari al 7% annuo rispetto al prezzo di acquisto). Malgrado i profitti gli investimenti calano e aumentano i prezzi e il malumore dei berlinesi.
Nel 2011 un referendum promosso dal Tavolo per l’Acqua di Berlino, in lotta dal 2006 per una gestione dell’acqua democratica e partecipativa, ottiene una vittoria schiacciante e costringe la città di Berlino a pubblicizzare il servizio, acquistando nel 2012 le quote di RWE e nel 2013 quelle di Veolia. Alle due multinazionali vengono dati complessivamente ben € 1,244 miliardi (per il mancato utile fino al 2028!) e per fare questo la società pubblica BWB ha dovuto accendere un mutuo trentennale che peserà per tutto questo tempo sulle bollette degli utenti.
Queste esperienze mostrano chiaramente due cose.
Prima. L’esternalizzazione dei servizi idrici a operatori privati:
- non garantisce affatto una migliore efficacia né dal punto di vista delle prestazioni (tecniche, qualità del servizio, ecc.) né dal punto di vista economico;
- non garantisce la trasparenza nella gestione nè la partecipazione dei cittadini e delle istituzioni pubbliche
- il riscatto per la ripubblicizzazione è sempre molto oneroso per le comunità locali;
Seconda. La maggior parte delle aziende di diritto pubblico sono in grado di
- offrire acqua di qualità,
- sicurezza dei servizi e pratiche rispettose dell’ambiente
- trasparenza nella gestione, partecipazione e controllo da parte dei cittadini.